lunedì, agosto 07, 2006

LETTERA A LUCIANO MOGGI (PRIMA PARTE)

Il pezzo che pubblichiamo è tratto integralmente dalla “Provincia Pavese” di domenica 23 Luglio a firma di Sisto Capra.
Si tratta di una lettera aperta che quattro professori universitari, tifosi juventini, scrivono a Luciano Moggi, per esprimergli stima e solidarietà in un momento in cui l’intero Circo Barnum dei massmedia lo sta prendendo a “sassate” (per la verità più di uno nelle ultime ore sembra fare qualche passo indietro…).
E’ una lettera arguta e scoppiettante, di amena lettura, ironica e a tratti umoristica, con un sottofondo di amarezza, di delusione, di pessimismo.
Con citazioni letterarie: il Manzoni dei “Promessi Sposi” e della “Colonna infame” e con un invito, che non si sa quanto renderà felice il Rettore dell’Università Degli Studi di Pavia, a Moggi a venire a parlare in ateneo.

Considerando la lunghezza del pezzo, Juventiniveri lo pubblica in due puntate. Non perdetevelo!

===== ===== =====

PAVIA. Quattro “uomini di lettere” tifosi juventini scrivono a Luciano Moggi e come “postino” scelgono “La Provincia pavese”. Personaggi di primo piano: due maturi professori universitari, un noto scrittore e traduttore e un notissimo agente letterario. Ma niente nomi.
Questa lettera – spiegano – è destinata personalmente a Luciano Moggi. Siccome non ne conosciamo l’indirizzo, acconsentiamo a pubblicarla a una condizione: che in calce si scriva “lettera firmata da quattro tifosi juventini, di Pavia, uomini di lettere”.

Gentile Signor Moggi, siamo tifosi juventini e suoi estimatori: vorremmo esprimerle ancora una volta la nostra stima e la nostra solidarietà, in questo momento difficile, quando si è passati dalle critiche al perverso sciacallaggio nei confronti suoi e della sua famiglia.

Il linciaggio
Viene da pensare che il vero scandalo sia il linciaggio messo in atto, con metodi di caccia alle streghe, che si qualifica come giustizia, sia pure sportiva. Non abbiamo i dati tecnici e gli strumenti giuridici per discutere le condanne. Il fatto grave è che con queste condanne mirate e sommarie si offre un alibi e si passa una mano di bianco (e di nero) su fatti essenziali alla storia anche sociale degli ultimi decenni, quando si è transitati dallo sport della guerra marinettiano alla guerra dello sport, prima tra mondo occidentale e mondo dell’est (quando una vittoria di un’atleta della Germania Orientale era prova della superiorità progressista dei regimi popolari?) e poi solo all’interno del neocapitalistico massmediatico.

Gli inter-cettatori
Qualcuno avverte che nulla è più antisportivo della ricerca di alibi per le mancate vittorie, anche quando si perde ingiustamente: chi è grande trova sempre la sua colpa; per chi è piccolo, la colpa è degli altri, delle cupole, degli arbitri, delle spie, degli inter-cettatori.

Squadra-forza politica
Lei Moggi ha dovuto battersi, riconoscendone e legittimandone i valori e i campionissimi (da Van Basten a Kakà), contro la squadra che in Italia rappresentava una forza politica, era del capo del governo e contava su un sistema televisivo nazionale. Se Bush fosse proprietario di una squadra di basket e avesse tre reti televisive al suo servizio cronachistico e moviolistico, avrebbe bisogno di un prestanome per occuparsi degli arbitri?

Davide e Golia
Lei Moggi ha fatto i conti, in secondo luogo, con lo strapotere economico maturato sui bisogni energetici del Paese, come prima contro i bond alimentari e alimentati dal risparmio di tutti gli italiani. Ma per fortuna il denaro non basta a creare una grande squadra: il campo, con omaggio alla civiltà e all’etica dello sport, lo nega e qualche volta un povero Davide ha sconfitto il ricco e generoso Golia. Ecco, Lei ha avuto la colpa (democratica) di aver tentato di liberare, potenzialmente, il calcio dal "mecenate", da un uomo assurdamente ricco, anacronistico quanto un sovrano sopravvissuto.

Bandiere della stampa
Lei Moggi si è battuto contro le ragioni di mercato di una stampa che per vendere conta sui tifosi, difende una bandiera di Milano, di Roma, di Firenze, di Torino e talvolta rischia di praticare la disinformazione, spesso la diseducazione sportiva.

Maradona
Il calcio, Lei lo sa meglio e da più tempo di noi e forse si doveva avere il coraggio di dirlo allora e di andarsene allora, andava fermato quando tre tifosi hanno fermato il derby capitolino. O forse andava fermato prima ancora, quando c’era il Napoli di Maradona, e illustri esponenti dello sport irridevano Mons. Riboldi che anteponeva l’uomo al Dio dispensatore di "circenses" (si riveda una registrazione, non manomessa, more replay interruptus).

Il Renzo Manzoniano
La sua posizione, nel contesto polemico (da pòlemos "guerra") del calcio, ricorda quella mirabilmente sintetizzata da Alessandro Manzoni, un autore che ora avrà tempo di rileggere nella sua meritata vacanza: "Renzo, che strepitava di notte in casa altrui, che vi s’era introdotto di soppiatto, e teneva il padrone stesso assediato in una stanza, ha tutta l’apparenza di un oppressore; eppure, alla fin dei fatti, era l’oppresso" (I Promessi Sposi, VIII, 26).
Lei ha difeso lo sport, diciamo, con iperbole sorridente, come Farinata, a viso aperto. Lo ha difeso costruendo una squadra competitiva, senza l’aiuto della proprietà e con rispetto dei bilanci: lei merita il parlamento e forse un sottosegretariato. Credo che esperti commentatori, in quanto ex-giocatori, da Boban, a Boniek (dov’è finito?), a Beccalossi, a Vialli, che meritano attenzione e rispetto, sappiano che lei ha dovuto difendersi da attacchi quotidiani, perfino di Televideo (lo si legge per l’obbligo di una ricerca linguistica, compreso il controllo degli errori di ortografia che restano esposti un’intera giornata). Esempio recente (si riassume il dettato): depositato il ricorso della procura di Torino in cassazione contro la Juventus (il ricorso sarebbe segreto): indiscrezioni dicono che le tesi difensive sono state massacrate.

Fine della prima parte
Vai alla seconda parte

Nessun commento: